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domenica 16 ottobre 2011
Roma e gli indignati ostaggio dei violenti la manifestazione si trasforma in guerriglia
Incappucciati e con passo marziale sfilano dietro uno striscione arancione con la scritta profetica "non chiediamo il futuro, ci prendiamo il presente". Il presente infatti, il corteo nazionale degli indignati, diventa cosa loro. Sono qualche centinaio, ma si prendono in ostaggio l'intera manifestazione, l'intero pomeriggio, l'intero centro di Roma. Ma il loro è un presente da incubo, fatto di auto incendiate, vetrine spaccate, lancio di pietre ed edifici dati alle fiamme. Una guerriglia urbana di inaudita violenza che trasforma piazza san Giovanni in un campo di battaglia attraversato per ore e ore da lanci di bombe carta, petardi e lacrimogeni. Il bilancio alla fine è pesantissimo e parla di danni ingentissimi ancora da quantificare e di oltre settanta feriti, tre dei quali in maniera grave, circa venti fermati e dodici arresti.
Tutto inizia poco prima delle 15 verso la fine di viale Cavour mentre la giornata sembra procedere in maniera pacifica. Arrivano alla spicciolata, prima sfondano la vetrina di un supermercato, poi incendiano un'auto, poi un'altra e in mezzo spaccano vetri e pompe di benzina. Il camion dei Cobas gli cammina appena dietro e cerca di fermarli. Quelli che di solito vengono dipinti come duri e puri stavolta fanno la parte dei moderati, ma è inutile. Le devastazioni vanno avanti e di forze dell'ordine non c'è traccia. Gli agenti sono asserragliati lungo le traverse laterali per impedire al corteo di deviare verso il centro storico e "politico" della città, ma sul percorso principale non si affacciano neppure.
Su via dei Fori Imperiali i "neri" si compattano e marciano con passo marziale. Il corteo cerca di isolarli, partono fischi e urla, ma non serve a nulla. Hanno tutti il volto coperto e impugnano mazze e manici di piccone malamente mascherati da aste di bandiera con piccoli drappi neri. Basta guardarli per capirne le intenzioni, ma anche lungo questo cruciale tratto del percorso non c'è traccia di forze dell'ordine. Un invito a nozze, che gli incappucciati non si lasciano scappare assaltando tutto ciò che trovano lungo la loro strada: prima un residence, poi la sede di un'agenzia per il lavoro interinale, poi alcuni uffici del ministero della Difesa e della Guardia di Finanza. Qui riescono anche a sfondare i vetri e ad appiccare il fuoco all'interno degli uffici fino a provocare il crollo del tetto.
Dal Colosseo a piazza San Giovanni, passando per via Labicana e viale Manzoni, fanno assolutamente quello che vogliono: incendiano, spaccano, lanciano bombe carta, terrorizzano chi cerca di fotografarli o riprenderli. L'impressione è che tanta "audacia" impunita faccia da calamita a tutti i violenti potenziali presenti all'interno del corteo, facendo ingrossare le loro fila. Quando sboccano in piazza San Giovanni e ingaggiano la lunga e feroce battaglia contro le forze dell'ordine sembrano infatti essere diventati molti di più delle poche centinaia viste marciare lungo il corteo. Un'altra auto all'angolo con via Emanuele Filiberto viene data alle fiamme. Partono delle cariche, ma la risposta dei "neri" con sanpietrini, mazze e petardi è violentissima. Interi pezzi di marciapiede vengono divelti, cartelli stradali sono usati come arieti. Un agente resta a terra ferito e i colleghi fanno fatica a metterlo in salvo, malgrado un fitto lancio di lacrimogeni e l'uso di blindati con idranti.
La piazza che di solito ospita le grandi manifestazioni sindacali o il festoso concerto del primo maggio diventa un campo di battaglia dove l'aria è irrespirabile. Alle spalle il grande corteo con migliaia di persone pacifiche preme, ma non riesce ad entrare. Fino a quando, ormai almeno un paio di ore dopo, non arriva l'ok della questura, per la manifestazione è impossibile anche deviare verso via dell'Ambaradan perché in questo caso lo schieramento delle forze dell'ordine è inflessibile.
Il grosso dei manifestanti, ormai demoralizzati e delusi, in gran parte "sbandati", si dirige quindi verso il Circo Massimo, ma è ormai chiaro a tutti che la manifestazione è abortita, fallita. In piazza San Giovanni e nella vicina San Giovanni in Laterano si continua a combattere. Gli scontri e gli atti vandalici dilagano anche nelle via adiacenti: via Merulana, via Magna Grecia, Via Sannio. I "neri" sono assolutamentre padroni del campo e girano impuniti. Spesso si tolgono anche casco e passamontagna. Uno di loro gira tranquillo con una mazza sotto l'obelisco del Laterano e quando un'auto dei carabinieri che chissà come si è smarrita arriva a sirene spiegate non ci pensa due volte a prenderla a colpi di bastone costringendola a una precipitosa fuga a retromarcia. Se come accade sempre in queste occasioni gli agenti della scientifica hanno fatto foto e riprese, materiale su cui lavorare non gli mancherà di certo.
Alla fine le forze dell'ordine cercano di sgombrare la piazza con una carica più decisa, ma anche questa volta infuria la battaglia. Un blindato dei carabinieri resta accerchiato e dato alle fiamme appena un attimo dopo la precipitosa fuga dei due militari a bordo. Da viale Manzoni si alza un'altra densa colonna di fumo nero che anticipa il crepuscolo sulla Capitale. Ormai è calato il buio e mentre il grosso della gente è andata via gli scontri proseguono ancora violentissimi in via Merulana, dove viene data alle fiamme l'impalcatura per il restauro di un edificio, e nella zona di piazza Vittorio. Gli incappucciati si sono "presi il presente", ora sta al movimento capire come chiedere il suo futuro.
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